mercoledì 14 maggio 2025

Contro la tirannia dell’orologio: elogio del tempo lento

Viviamo in un’epoca in cui la fretta è diventata virtù, e la lentezza un lusso. 

Il tempo non è più un compagno, ma un nemico. 

Si corre, si produce, si consuma, si posta, si risponde. 

In fretta. Sempre in fretta. Ma dove stiamo andando?


Siamo vittime di una società che misura il valore delle persone in base a quanto riescono a fare in poco tempo. 

Il culto dell’efficienza ha soppiantato quello del pensiero.

Il multitasking ha reso l’attenzione un bene scarso. 

Ci hanno convinti che se non sei sempre connesso, sempre aggiornato, sempre attivo, sei fuori dal gioco. Ma è un gioco truccato, che ti ruba l’unica cosa che non puoi ricomprare: il tuo tempo.


Una volta il tempo era ciclico, scandito dalle stagioni, dai ritmi della terra e della luce. 

Poi è diventato lineare, cronometrico, industriale. 

L’orologio, da strumento, si è fatto padrone. E con lui, è nata l’ansia di ottimizzare ogni secondo. 

Non c’è più spazio per la noia, per il silenzio, per l’attesa. Ogni istante va riempito. Ma riempito di cosa?

Leggiamo articoli solo se sono brevi. 

Guardiamo film mentre scorriamo lo smartphone. 

Parliamo con qualcuno mentre pensiamo ald altro.

E intanto perdiamo la capacità di stare. Di ascoltare. Di riflettere. Di vivere.


Eppure, c’è chi ha iniziato a dire basta. 

C’è un piccolo fronte silenzioso che resiste: chi riscopre la lettura lunga, chi spegne le notifiche, chi cammina senza meta, chi cucina senza timer. 

Ribelli del tempo, che non accettano di vivere con l’orologio come guinzaglio.


In fondo, non serve tornare al Medioevo. 

Basta re-imparare a distinguere il tempo speso da quello investito. 

E magari iniziare a chiederci chi, in  questa corsa continua, stia vincendo davvero.



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Fammi sapere se vuoi aggiustarlo, accorciarlo o inserire riferimenti culturali o citazioni colte.


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