Viviamo in un’epoca in cui l’indignazione è diventata una posa.
Un gesto teatrale, istantaneo, compulsivo, che si consuma in uno scroll, in una reaction, in un commento infuocato.
Ci si indigna per tutto, ma quasi mai si fa qualcosa davvero.
Si resta spettatori seduti su un trono immaginario, convinti che basti puntare il dito per cambiare il mondo.
Eppure Sant’Agostino diceva che la speranza è fatta di due bellissimi figli: l’indignazione e il coraggio.
L’indignazione per come vanno le cose, e il coraggio per cambiarle.
Oggi, di indignazione ne abbiamo da vendere.
Ma il coraggio? L’azione? Il mettersi in discussione, il cambiare qualcosa nel nostro piccolo, anche solo spegnendo il telefono e ascoltando davvero chi ci parla?
Non ci manca la voce. Ci manca la coerenza.
E allora basta con l’indignazione in offerta speciale.
Serve tornare ad agire. Perché chi si indigna soltanto, alla lunga, diventa complice.
E il mondo non lo cambiano i più arrabbiati, ma i più determinati.
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