Ieri mattina ho pubblicato un articolo dal titolo "Il mondo al contrario", dove descrivo una realtà sempre più surreale
Quella in cui, chi rispetta le regole è visto come un oppressore, e chi le infrange è coccolato da leggi e opinione pubblica.
Tra i temi toccati, uno in particolare merita ulteriore spazio: l’estrema tutela dell’inquilino moroso, spesso a discapito del proprietario, visto quasi come un nemico sociale.
Non voglio ripetere ora quanto già scritto – per chi fosse interessato, può leggerlo qui – ma da quella riflessione ne è nata un’altra, più ampia, più culturale.
Perché questa società, sempre più smarrita, sembra non avere più posto per Santiago, il vecchio pescatore del romanzo di Hemingway.
Santiago è l’uomo che non molla.
Un uomo che ha conosciuto la sconfitta, la fatica, la solitudine. Eppure ogni mattina riparte. Non chiede pietà, non accampa scuse.
Ha le mani piagate dalla corda, la barca logora, la sorte avversa. Eppure affronta il mare. Non perché sia pazzo, ma perché è ciò che si fa: si lotta. Sempre.
Oggi, invece, siamo circondati da chi rivendica diritti senza assumersi doveri.
Da chi pretende solidarietà a costo zero. Da chi pensa che basti lamentarsi per avere ragione.
Santiago, invece, si guadagna tutto. Anche la sconfitta.
E proprio per questo, anche nella disfatta, è un vincente. Perché la dignità non si misura nel risultato, ma nel modo in cui combatti.
Ma ditemi: in un Paese che Oriana Fallaci descrisse così, in un Paese dove si difende il furbo e si attacca chi pretende semplicemente giustizia, c’è ancora posto per uno come lui?
Temo di no.
Santiago è sotto sfratto.
Santiago non abita più qui.
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