Contrabbandati

Contrabbandati
In una città dove nulla è davvero ciò che sembra, un Commissario fuori dagli schemi e un Giornalista a caccia della verità, si trovano immersi in una vicenda (forse) più grande di loro, tra traffici, tradimenti e redenzioni. "Contrabbandati" è un romanzo crudo e autentico, che mescola il ritmo del noir con il battito umano di chi, tra errori e speranze, cerca una via d'uscita. Una storia che sorprende, colpisce e, soprattutto, rimane. (Elio Montorsi)

venerdì 23 maggio 2025

Il debito e la povertà mascherata

Viviamo in una società dove tutto è accessibile a rate. 

Smartphone a rate. Vacanze a rate. Perfino le scarpe da ginnastica si possono pagare a rate.

Il risultato? Una ricchezza di facciata. Apparente. 


Dietro, c’è una povertà crescente, nascosta da abiti firmati e auto in leasing. 

Si vive sopra le proprie possibilità non per bisogno, ma per apparire.

Il debito non è più un’eccezione, è la regola. 

Ma un conto è investire, un altro è indebitarsi per mantenere uno status. Per soddisfare un bisogno indotto. 


Così il debito diventa una trappola. 

E la libertà, anche economica, si allontana. 

Perché se lavori solo per pagare ciò che hai già consumato, sei povero. 

Anche se hai un iPhone in tasca.


Lo vediamo su scala personale, ma anche nazionale. 

Gli Stati Uniti iniziano a scricchiolare, sotto il peso delle loro stesse aste obbligazionarie. 

Il Giappone è già dentro una bolla immobiliare e sociale, tenuta in piedi artificialmente da anni di politiche monetarie ultra espansive. 

E intanto le famiglie giapponesi fanno fatica a risparmiare anche solo pochi yen.


La vera ricchezza è non dover dimostrare nulla a nessuno.

E, soprattutto, non dover più nulla a nessuno.


La fatica di cambiare idea

Cambiare idea richiede coraggio. 

Non tanto per l’atto in sé, ma per ciò che implica: ammettere che si era in errore. 

È più comodo restare arroccati sulle proprie convinzioni, anche quando i fatti ci smentiscono, che rimettere in discussione l’intera struttura del proprio pensiero.


Viviamo in tempi in cui la coerenza viene spesso confusa con l’ostinazione. 

In realtà, essere coerenti con la propria onestà intellettuale significa saper dire: “Mi sbagliavo”.

Ma è raro. 

Perché cambiare idea ci espone. Ci rende vulnerabili. 


E allora ci si rifugia nella trincea delle proprie opinioni. 

Circondati solo da chi la pensa come noi, protetti da una realtà filtrata, selezionata.

Cucita su misura, per farci sentire sempre nel giusto.

Eppure, chi non cambia mai idea, molto probabilmente, non ha mai davvero pensato.



Se tutto è urgente, niente lo è davvero

Viviamo sommersi da notifiche, scadenze, appuntamenti last minute, "call urgenti" e mail marcate come "prioritarie". 

Ma quando ogni cosa diventa urgente, la vera urgenza si dissolve. 

È l’inflazione dell’importanza: tutto corre, e nulla conta davvero.


L’urgenza continua anestetizza il pensiero critico. 

Confonde il necessario con il superfluo, riduce il tempo per ciò che costruisce davvero valore. 

Serve fermarsi e chiedersi: cosa è veramente urgente? 

E cosa invece ci viene solo presentato come tale per rubarci attenzione e controllo?


Riscoprire la priorità significa anche scegliere. 

E scegliere è l’atto più rivoluzionario che ci resta.

 In un mondo che corre senza sapere dove.




Piccole abitudini, grandi risultati

Non servono rivoluzioni per cambiare la propria vita. 

Servono costanza, pazienza e disciplina.

Una pagina al giorno diventa un libro. Una corsa di dieci minuti diventa una maratona. Un euro risparmiato ogni giorno diventa un patrimonio, se poi viene investito meglio ancora.


Il problema è che sottovalutiamo sempre ciò che possiamo costruire nel lungo periodo.

Cerchiamo risultati immediati, senza accorgerci che, le grandi trasformazioni, nascono da piccoli gesti ripetuti.

Non è glamour. Non è appariscente. Ma funziona.

E chi ha capito questo, ha già vinto la prima  battaglia.





giovedì 22 maggio 2025

Stati Uniti: il gigante dai piedi d’argilla?

Negli ultimi giorni, un evento ha scosso i mercati finanziari americani con la forza di uno schiaffo improvviso.

Un’asta di obbligazioni del Tesoro è andata sostanzialmente deserta, segnalando un allarme che non può essere ignorato. 

I tassi offerti non sono riusciti ad attirare sufficiente domanda, un fatto raro e preoccupante, soprattutto per un Paese che da decenni è considerato il porto sicuro della finanza globale.


Dietro a questo scollamento c’è un debito pubblico che sta diventando sempre più insostenibile.

Ad aggiungersi una Federal Reserve alle prese con un'inflazione ancora difficile da domare, e un contesto geopolitico sempre più incerto. 

Gli investitori iniziano a chiedersi: fino a quando si potrà stampare moneta senza conseguenze? 

Fino a quando il dollaro resterà il re indiscusso?


Nota finale

In un’epoca in cui la fiducia è moneta rara, l’asta andata deserta è molto più di un incidente tecnico: è un campanello d’allarme. 

Se perfino i titoli di Stato americani iniziano a tremare, chi sarà il prossimo a cadere?

Forse è tempo che anche l’economia più potente del mondo si guardi allo specchio.


Tutti esperti, nessuno responsabile

Viviamo in un’epoca in cui l’opinione ha soppiantato la competenza. 

Ognuno dice la sua su tutto, dal clima alla geopolitica, dalla medicina all’economia, con una sicurezza che rasenta l’arroganza.

I social, in particolare, hanno reso ogni utente un potenziale “esperto”, ma solo nel commentare, giudicare, indignarsi. 

Mai nell’agire. 

Mai nel costruire. Perché il rischio, il dubbio, la fatica, il silenzio… non fanno like.

E allora eccoli, i nuovi protagonisti del dibattito pubblico:  i sapienti da tastiera! 

Commentatori seriali, indignati a tempo pieno. 


Ma quando si tratta di mettersi in gioco davvero, improvvisamente spariscono.

Servirebbe meno opinione e più esempio. 

Meno clamore e più responsabilità.

Perché il cambiamento non nasce da chi parla più forte.

Ma da chi fa in silenzio.



Svegliarsi presto è importante. Ma svegliarsi lucidi lo è ancora di più.

La retorica della sveglia all'alba è diventata quasi un dogma motivazionale. 

Ma a cosa serve aprire gli occhi alle 5, se la mente resta annebbiata, il corpo trascinato e l'intenzione assente?

Il vero valore del mattino non sta nell'orario, ma nella qualità della presenza. 

È inutile svegliarsi presto se si vive in modalità automatica.

Già schiavi delle notifiche, dei doveri, delle corse.

Svegliarsi lucidi significa dare al proprio giorno una direzione, non solo un orario. 

Significa partire con una scelta, non con un riflesso condizionato.

In fondo, non è il tempo che fa la differenza, ma come lo abiti.