mercoledì 4 aprile 2018

Contrabbandati - Estratto

Mi ero appena disteso sul divano, accendendo il mio sigaro preferito, gustando il più assoluto relax, dato che ormai non riuscivo più a connettere per portare a termine l'articolo sulla delinquenza minorile che avrei voluto far pubblicare quel lunedì mattina.

Nell'ultimo periodo avevo lavorato sodo, domeniche comprese, per far rimanere il giornale nelle tempistiche sempre più serrate, dato che ne ero diventato il direttore da poco, ma oggi avevo deciso di prendermi almeno mezza giornata di riposo.

Il ronzio del citofono interruppe il mio desiderio di relax e risposi pigramente, forse era solo qualcuno che aveva sbagliato campanello. Ma la voce del commissario Bonanno, vecchio amico, mi rimbombò nell'orecchio.

"Ah bene, è a casa! Mi faccia salire, dottore, devo parlare con lei."

Borbottai un "Sono di riposo" ma intanto premetti il pulsante e tirai fuori una bottiglia di Martini, sapevo che il Commissario l'avrebbe gradito, giusto in tempo per il campanello della porta che suonava imperioso.

Gridai un "E' aperto" e rimasi a guardare il Commissario che irrompeva nella stanza trascinandosi appresso un giovane di carnagione scura, basso e magrissimo, che sembrava confuso.

"Dottore, si metta comodo, ho una storia importante per il suo giornale! E questo giovane ora gliela racconterà da principio!"

"Ma perché viene da me?"

"Perché io so che è tutto vero, ma non ho le prove per poter agire, anche se è tanto che vorrei poter intervenire. Così adesso lei lo ascolta e poi scrive questa storia sul suo giornale, così non possono più fingere che non è successo niente!"

Guardai il giovane che sembrava esausto e dissi dubbioso.

"Mi sa che prima di tutto questo deve mangiare...

Ma il giovane rispose in italiano pressoché perfetto.

"La ringrazio ma no, non ho fame".

"Complimenti per il tuo italiano, da quanto sei in Italia? "

"Da nove mesi, , ma un mio zio è stato qui tanti anni fa, è stato lui a convincermi a venire qui a cercare fortuna, ma fino ad ora non ho ottenuto niente e mi vergogno di tornare a casa a mani vuote. "

"Da dove vieni?"

"Dal marocco, la mia famiglia è di Rabat"

"Va bene, andiamo a sederci in salotto e così mi racconti questa storia. Commissario, se vuole bere, li c'è il Martini, il ghiaccio è in frigo, così mi porta anche una birra."

In salotto feci accomodare il giovane sul divano e io sedetti di fronte a lui, la penna e il taccuino pronti per prendere appunti, ero curioso di sentire questa storia mirabolante che avrei dovuto pubblicare.

Due ore dopo, la birra era finita, il taccuino pieno di appunti e il silenzio era sceso nella stanza.
Guardai il Commissario che sembrava sulle spine.

"Si rende conto di cosa succederà domani, se pubblico questa storia?"

"Si, ma so anche che se non la pubblica nonn cambierà mai niente".

Riguardai gli appunti.

"Ci mettiamo contro la famiglia più influente della provincia, che dico, dell'intera regione!"

"Perché? Adesso ci sono a favore?"

"No, certo, ma... qui ci fanno la pelle, lo sa?"

Il Commissario alzò le spalle.

"Dottore, le darò una scorta, non oseranno toccarla"

"Non mi piace girare con la scorta... e lei?"

Lui fece un sorriso agro.

"Non mi piace girare con la scorta! E in ogni caso nessuno sentirà la mia mancanza se me ne andrò all'inferno e ci andrò più felice sapendo che sono riuscito in qualcosa che sogno da anni".

L'idea mi allettava e mi spaventava nello stesso tempo e il Commissario rincarò

"Dottore, lei e il suo giornale diventerete famosi!"

"Si, e forse molto morti..."

"Beh, prima o poi deve capitare, ma meglio che capiti come scegliamo noi che come vogliono loro, le pare?"

Mi decisi, posai il taccuino sul tavolo e lo guardai fisso.

"Va bene, mi lasci il tempo di mettere giù la storia completa e domattina la pubblichiamo e poi... staremo a vedere!"

Riaccompagnai il Commissario e il giovane marocchino alla porta, sentivo dentro di me una strana frenesia di cominciare, di mettere giù il grande articolo della mia carriera, quello che forse avrebbe segnato la mia condanna a morte ma che mi avrebbe anche dato la gioia di aver reso un servizio alla società. Ci stringemmo la mano, era come se non li vedessi più, davanti a me avevo lo schermo vuoto del pc, che avrei riempito di parole, tutta la notte, per portarlo al giornale in tempo, per l'edizione delle undici.

Tutto era cominciato due domeniche fa, quando aveva piovuto tutto il giorno e quando dal bosco vicino alla Fattoria del Padrone uscirono due uomini camminando svelti. Uno era basso e magro e l'altro con un fisico da atleta e un viso buono.

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