Viviamo in un’epoca in cui tutto è a portata di click.
Notizie, opinioni, analisi, giudizi, sentenze.
Mai come oggi è stato così facile “sapere” senza davvero conoscere, “capire” senza realmente comprendere.
Ma dietro questa comodità si nasconde una trappola sottile e pericolosa: quella del pensiero pigro.
Il pensiero pigro è quello che si accontenta del titolo, del post, del commento letto per caso.
È quello che scorre distrattamente tra decine di contenuti e si convince di avere una visione chiara del mondo.
È quello che rifiuta la complessità, che fugge l’approfondimento, che si rifugia nelle certezze preconfezionate perché fare domande costa fatica.
E così ci ritroviamo a ripetere slogan, a schierarci per appartenenza, a credere senza dubitare, a condannare senza analizzare.
Il pensiero pigro è l’alleato perfetto di chi vuole manipolare, semplificare, controllare.
È il terreno fertile dove crescono le menzogne, le polarizzazioni, i fanatismi.
Perché pensare davvero è scomodo.
Richiede tempo, letture, silenzi, errori.
Pensare davvero vuol dire ammettere che si può cambiare idea, che forse si era in torto, che la realtà è più sfumata di quanto sembri.
Pensare davvero è un atto di coraggio e di libertà.
Il paradosso è che oggi, con tutte le informazioni a disposizione, è diventato più difficile essere pensanti.
Non per mancanza di stimoli, ma per eccesso.
Il sovraccarico informativo ha atrofizzato la nostra capacità di elaborare. Invece di orientarci, ci perdiamo.
E allora, forse, oggi il vero atto rivoluzionario non è “dire la propria”, ma imparare di nuovo a pensare.
Con lentezza, con profondità, con fatica.
Anche a costo di restare in silenzio per un po’. Perché è solo dal pensiero lucido che può nascere una parola che abbia senso.
E questo, lo sanno bene, fa molta più paura di mille urla vuote.
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