La carta di credito è diventata il lasciapassare per l’illusione del benessere.
Non importa se il conto langue, se ogni fine mese è un salto mortale: ciò che conta è apparire, mostrarsi vincenti, anche solo nell’immagine filtrata di uno smartphone.
Una società che non premia la coerenza o il sacrificio silenzioso, ma l’ostentazione rumorosa.
E così il successo è diventato un travestimento da indossare, anche se a rate.
Francesco Guccini lo aveva intuito con feroce lucidità: “Dio è morto nelle auto prese a rate”.
Una frase che oggi risuona come un verdetto.
Perché in quelle parole c’è tutta la disperazione, di chi ha sostituito la sostanza con il debito, la dignità con lo status symbol.
Dio è morto, sì — e al suo posto c’è l’ultimo cellulare - sfoggiato con orgoglio ma pagato col fiato corto.
Morale?
Chi risparmia con disciplina viene deriso, chi si indebita per apparire viene applaudito.
Ma la realtà è spietata: i primi diventano liberi, i secondi restano schiavi.
E la verità, spiace dirlo, è che non c’è niente di rivoluzionario nel vivere sopra le proprie possibilità.
C’è solo la banalità del fallimento mascherata da moda.
E sia ben chiaro, oltre ogni fraintendimento, che il pirla moderno non è colui che non ha nulla, ma colui che, pur avendo poco o nulla…finge di avere tutto.
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