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IL PREZZO DELLA LIBERTÀ

sabato 24 maggio 2025

Scudetto meritato al Napoli

Ieri sera, con una vittoria prevedibile ma tutt’altro che scontata contro il Cagliari, il Napoli ha conquistato lo scudetto. 

Un traguardo meritato, frutto di una stagione condotta con determinazione, gioco brillante e continuità di rendimento.

Vana, ai fini della classifica, la vittoria dell’Inter a Como. 

I nerazzurri, già con la testa alla finale di Champions, hanno comunque onorato l’impegno. 

Nessun calcolo, solo rispetto per il campionato, per il pubblico e per il gioco del calcio. 

Una prestazione dignitosa che conferma la serietà e la mentalità di un gruppo abituato a competere.


Complimenti al Napoli per aver raggiunto l’obiettivo più ambito del calcio italiano.

 E altrettanti all’Inter, per aver lottato fino all’ultimo secondo utile.

Da sempre sportivo e tifoso, cresciuto con il pallone tra i sogni e i ricordi d’infanzia, non posso che essere contento di aver assistito a un campionato equilibrato e combattuto. 

Avrei preferito un finale diverso, è vero — ma è proprio questo lo spirito dello sport: saper accettare il verdetto del campo.

Doveroso riconoscere i meriti degli avversari e godersi, comunque, lo spettacolo.

Quest’anno lo è stato. Bellissimo.



Bravi a farci gli affari altrui, pessimi a fare i nostri interessi

Circa 48 ore fa, Bitcoin ha ritoccato il proprio massimo storico, sfiorando i 112.000 dollari.

Un evento epocale, simbolico, che avrebbe dovuto far discutere chiunque abbia a cuore il futuro economico, l’innovazione finanziaria, la libertà individuale.

E invece? Silenzio.

Google Trends, meravigliosamente obiettivo ed impietoso come sempre, tace. 

Nessuna impennata d'interesse. 


In Italia men che meno, l'attenzione pubblica era focalizzata su ben altro,  considerato evidentemente più importante.

Sui risultati delle partite di calcio e sulle polemiche infinite da bar sport. 

E sull’omicidio di Garlasco — tornato inspiegabilmente a dominare le cronache a quasi vent’anni di distanza.


Ci piace farci gli affari degli altri

Scavare nella vita e nella morte altrui, commentare ciò che non ci riguarda. 

Prostituzione della tragedia! Così lo chiamo questo tipo di interesse mediatico.


Ma quando si tratta di capire cosa può davvero impattare sulle nostre vite — come il cambiamento silenzioso ma dirompente dell’economia digitale — semplicemente, non ci siamo.

Forse è più comodo così. 

Forse è più facile distrarsi piuttosto che studiare, e indignarsi piuttosto che capire.

Peccato solo che, a forza di farci i fatti altrui, finiamo per non saper più fare i nostri interessi.


La disinformazione selettiva

Non servono più le menzogne. 

Basta raccontare solo una parte.

Un dettaglio sì, un altro no. 

Una fonte autorevole, un’altra screditata. 

Una notizia spinta ovunque, un’altra fatta sparire.


È così che oggi si crea la verità: selezionando.

Disinformazione selettiva: il modo più raffinato e pericoloso di manipolare.

Perché non ti accorgi nemmeno che ti manca un pezzo. 

Anzi, sei convinto di essere informato.


Ti indigni, prendi posizione, giudichi... ma sulla base di una narrazione che altri hanno confezionato per te.

In questo rumore assordante di verità parziali, forse la scelta più coraggiosa — e saggia — è fermarsi e chiedersi:

Sto cercando la verità, o solo conferme alla mia?

Perché a volte, crescere significa accettare che ciò in cui crediamo… potrebbe anche non bastare più.


L’arte della coerenza

Essere coerenti non significa essere rigidi. 

Significa semplicemente vivere secondo i propri valori, anche quando nessuno guarda.

In un mondo dove cambiare idea per convenienza è ormai normale, la coerenza è diventata una forma d’arte rara. 


Richiede coraggio. Richiede onestà. E spesso, richiede anche di pagare un prezzo.

Ma chi è coerente non ha bisogno di spiegazioni, perché ogni scelta parla per lui. 

Non serve alzare la voce o giustificarsi: basta esserci, con integrità.

La coerenza non urla. Convince.

venerdì 23 maggio 2025

Il debito e la povertà mascherata

Viviamo in una società dove tutto è accessibile a rate. 

Smartphone a rate. Vacanze a rate. Perfino le scarpe da ginnastica si possono pagare a rate.

Il risultato? Una ricchezza di facciata. Apparente. 


Dietro, c’è una povertà crescente, nascosta da abiti firmati e auto in leasing. 

Si vive sopra le proprie possibilità non per bisogno, ma per apparire.

Il debito non è più un’eccezione, è la regola. 

Ma un conto è investire, un altro è indebitarsi per mantenere uno status. Per soddisfare un bisogno indotto. 


Così il debito diventa una trappola. 

E la libertà, anche economica, si allontana. 

Perché se lavori solo per pagare ciò che hai già consumato, sei povero. 

Anche se hai un iPhone in tasca.


Lo vediamo su scala personale, ma anche nazionale. 

Gli Stati Uniti iniziano a scricchiolare, sotto il peso delle loro stesse aste obbligazionarie. 

Il Giappone è già dentro una bolla immobiliare e sociale, tenuta in piedi artificialmente da anni di politiche monetarie ultra espansive. 

E intanto le famiglie giapponesi fanno fatica a risparmiare anche solo pochi yen.


La vera ricchezza è non dover dimostrare nulla a nessuno.

E, soprattutto, non dover più nulla a nessuno.


La fatica di cambiare idea

Cambiare idea richiede coraggio. 

Non tanto per l’atto in sé, ma per ciò che implica: ammettere che si era in errore. 

È più comodo restare arroccati sulle proprie convinzioni, anche quando i fatti ci smentiscono, che rimettere in discussione l’intera struttura del proprio pensiero.


Viviamo in tempi in cui la coerenza viene spesso confusa con l’ostinazione. 

In realtà, essere coerenti con la propria onestà intellettuale significa saper dire: “Mi sbagliavo”.

Ma è raro. 

Perché cambiare idea ci espone. Ci rende vulnerabili. 


E allora ci si rifugia nella trincea delle proprie opinioni. 

Circondati solo da chi la pensa come noi, protetti da una realtà filtrata, selezionata.

Cucita su misura, per farci sentire sempre nel giusto.

Eppure, chi non cambia mai idea, molto probabilmente, non ha mai davvero pensato.



Se tutto è urgente, niente lo è davvero

Viviamo sommersi da notifiche, scadenze, appuntamenti last minute, "call urgenti" e mail marcate come "prioritarie". 

Ma quando ogni cosa diventa urgente, la vera urgenza si dissolve. 

È l’inflazione dell’importanza: tutto corre, e nulla conta davvero.


L’urgenza continua anestetizza il pensiero critico. 

Confonde il necessario con il superfluo, riduce il tempo per ciò che costruisce davvero valore. 

Serve fermarsi e chiedersi: cosa è veramente urgente? 

E cosa invece ci viene solo presentato come tale per rubarci attenzione e controllo?


Riscoprire la priorità significa anche scegliere. 

E scegliere è l’atto più rivoluzionario che ci resta.

 In un mondo che corre senza sapere dove.