Bitcoin è tornato lassù, dove l’aria è sottile.
Il prezzo sfiora i 105.000 dollari, tecnicamente a un passo dai massimi storici in termini reali.
Ma qualcosa stona: l’euforia non c’è.
Nessun clamore mediatico, nessuna corsa al “FOMO”, nessuna fila virtuale di neofiti pronti a comprare all’ultimo momento.
Un silenzio quasi inquietante. E forse proprio per questo carico di significato.
A differenza del 2021, quando ogni nuovo rialzo accendeva il circo mediatico, oggi regna l'indifferenza.
I grandi giornali sono concentrati su altro, i feed social sono tiepidi, Google Trends resta sonnacchioso.
Eppure, il prezzo è lì, altissimo. Cosa sta succedendo?
La risposta potrebbe essere semplice quanto contro intuitiva: questa non è più una fase speculativa, ma di accumulo razionale.
Gli investitori retail sono ancora assenti, bruciati dai crolli precedenti.
Gli istituzionali, invece, stanno continuando a comprare, silenziosamente, attraverso strumenti come gli ETF spot.
Non cercano adrenalina, cercano esposizione. Discreta, graduale, stabile.
Questa assenza di rumore è un segnale.
Significa che il mercato non è drogato di entusiasmo, ma sostenuto da una nuova consapevolezza.
Bitcoin non è più solo un asset volatile e affascinante: sta diventando una riserva di valore, una “hard asset” digitale.
E quando il prezzo sale in queste condizioni, la salita è più solida, meno esposta ai venti dell’irrazionalità.
Se davvero stiamo assistendo a un nuovo massimo storico, è uno dei più sottovalutati di sempre.
Ma chi guarda oltre i titoli sensazionalistici, sa bene che spesso i veri trend partono proprio così: nel silenzio
Nessun commento:
Posta un commento