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IL PREZZO DELLA LIBERTÀ
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lunedì 12 maggio 2025

L’illusione del benessere (a rate)

La carta di credito è diventata il lasciapassare per l’illusione del benessere.

Non importa se il conto langue, se ogni fine mese è un salto mortale: ciò che conta è apparire, mostrarsi vincenti, anche solo nell’immagine filtrata di uno smartphone.

Una società che non premia la coerenza o il sacrificio silenzioso, ma l’ostentazione rumorosa. 

E così il successo è diventato un travestimento da indossare, anche se a rate.


Francesco Guccini lo aveva intuito con feroce lucidità: “Dio è morto nelle auto prese a rate”. 

Una frase che oggi risuona come un verdetto. 

Perché in quelle parole c’è tutta la disperazione, di chi ha sostituito la sostanza con il debito, la dignità con lo status symbol.

Dio è morto, sì — e al suo posto c’è l’ultimo cellulare -  sfoggiato con orgoglio ma pagato col fiato corto.


Morale?

Chi risparmia con disciplina viene deriso, chi si indebita per apparire viene applaudito. 

Ma la realtà è spietata: i primi diventano liberi, i secondi restano schiavi.

E la verità, spiace dirlo, è che non c’è niente di rivoluzionario nel vivere sopra le proprie possibilità. 

C’è solo la banalità del fallimento mascherata da moda.

E sia ben chiaro, oltre ogni fraintendimento,  che il pirla moderno non è colui che non ha nulla, ma colui che, pur avendo poco o nulla…finge di avere tutto.




La cultura della popolarità: il suicidio del pensiero critico

 La società ci dice che dobbiamo brillare, che dobbiamo emergere.

 Il nostro valore sembra essere legato alla nostra visibilità, a quanto riusciamo a farci notare in un mondo che corre veloce. 

Brillare è diventato sinonimo di successo, di realizzazione, di felicità. 

Ma a ben vedere, questo concetto di "brillare" sembra più una trappola che una vera aspirazione

È una luce che ci acceca, un riflettore puntato sulla nostra esistenza che, anziché farci vedere chi siamo davvero, finisce per nascondere tutto ciò che c'è di più autentico in noi. 

La ricerca spasmodica del brillante, del visibile, non ci insegna a pensare in modo indipendente, a scoprire la nostra strada, a capire cosa vogliamo veramente dalla vita. 

Ci insegna piuttosto a conformarci, a seguirne le regole, ad accettare, senza riflettere, che il nostro valore dipenda da quanto possiamo apparire.


E ora viene il dubbio che mi turba 

Una domanda che cresce dentro di me: siamo davvero sicuri che la società si sia dimenticata di insegnarci a pensare in modo indipendente? 

E se, invece, fosse voluto? Se fosse proprio questa la strategia? Se fosse necessario che non pensassimo, per evitare che ci facessimo troppe domande? 

Un pensiero critico potrebbe spingerci a mettere in discussione le fondamenta su cui poggia il nostro mondo, le stesse fondamenta su cui si costruiscono il consumismo, l’obbligo di essere sempre in competizione, il bisogno di apparire.

La verità è che non siamo mai stati educati a pensare veramente 

Non siamo stati mai davvero invitati a comprendere il valore di un pensiero libero. 

In un mondo in cui si premia l'apparenza, in cui si promuove la superficialità, dove la bellezza esteriore viene anteposta a quella interiore, il pensiero autonomo diventa pericoloso. 

Perché? Perché un individuo che pensa in modo indipendente non può essere facilmente controllato, non può essere facilmente indirizzato, manipolato. 

Ecco perché, forse, a nessuno conviene che si impari davvero a pensare.


A volte, sembra che il vero obiettivo sia proprio questo: fare in modo che ci arrendiamo all'idea che il pensiero critico non sia necessario

Che ci basti essere condotti dalla corrente di quello che ci viene detto, dai messaggi che ci arrivano da ogni angolo, dalla pubblicità, dai social, dalla politica. 

"Non è importante cosa pensi, è importante cosa mostri". 

È più facile tenere le persone a bada quando non si pongono domande, quando non si sforzano di scoprire la verità, dietro le illusioni che ci vengono offerte come realtà. 

Il nostro mondo, che ci chiede di brillare, ci sta anche chiedendo di smettere di pensare. E questo è pericoloso. Perché quando smettiamo di pensare, smettiamo di essere liberi.

Il paradosso, ovviamente, è che tutti vogliono brillare 

Ma nessuno si chiede più se il riflesso, che vediamo nello specchio, sia davvero il nostro. 

Se quello che ci viene detto di desiderare, sia davvero ciò che vogliamo, o se siamo solo marionette, tirate da fili invisibili che ci spingono a volere sempre più, sempre meglio, sempre più visibile. 

In fondo, non è che la libertà, la vera libertà, sia proprio un pensiero indipendente che si fa strada nel buio, senza bisogno di brillare per essere visto?

Quindi, mi chiedo, siamo davvero liberi in questa corsa al brillante, o siamo soltanto prigionieri di un sistema che ci insegna a non pensare per tenerci sotto controllo?





giovedì 8 maggio 2025

Il Centro del Fiume: Una Canzone che Non Smette di Parlare

Oggi, dopo molto tempo, ho risentito una canzone che, in qualche modo, è stata fonte di ispirazione per molti dei miei scritti. 

Si tratta di Il centro del fiume di Pierangelo Bertoli. 

Una canzone che conoscevo già, ma che, come sempre, quando la risento, provoca in me forti sensazioni. 

Le parole e la melodia mi scuotono, come se fosse la prima volta che le ascolto. Nonostante il passare degli anni, il suo impatto non cambia.

Questa canzone ha sempre avuto un effetto particolare su di me

Parla di quella lotta contro la corrente, di come il fiume della vita scorra inevitabilmente, e di quanto sia difficile trovare il proprio posto nel centro, al di là delle imposizioni e dei compromessi. 

E ogni volta che la risento, quelle stesse sensazioni riaffiorano, come se mi stesse parlando direttamente, risvegliando in me pensieri e riflessioni che hanno alimentato la mia scrittura.

L’effetto di quella canzone non è mai stato banale: la sua forza, la sua intensità, quella lotta contro la corrente, contro la rassegnazione e contro l’omologazione, mi hanno sempre colpito. 

Ma il fatto che, nel risentirla, le stesse sensazioni siano riaffiorate con una potenza inaspettata, mi ha fatto riflettere. 

In qualche modo, Il centro del fiume è sempre stata una sorta di colonna sonora per i libri che ho scritto. 

La sua verità, anche nelle sue asprezze, è qualcosa che non ha smesso di risuonare in me, soprattutto quando mi sono trovato ad affrontare temi legati alla libertà e all’autodeterminazione, tematiche che attraversano tutta la mia scrittura.

Infatti, Il centro del fiume è stata un'ispirazione costante per i temi che tratto nei miei libri. 

In particolare in Bitcoin. Il prezzo della libertà. Quarta epoca e Lightning Network, dove esploro la lotta per la libertà, la scelta consapevole di nuotare contro la corrente. 

Non è mai facile, ma è in quel percorso che si trova il vero senso della vita, come Bertoli cantava: andare dove la vera libertà non è concessa, ma conquistata.





venerdì 25 aprile 2025

La festa della Liberazione, un inno alla Libertà

Oggi festeggiamo la Liberazione.

Ma a farlo siamo quasi tutte persone (Me compreso) che non hanno mai conosciuto la fame, la paura, o il pane duro della guerra.

Persone che danno la libertà per scontata.

Come ho già scritto in un mio libro, talvolta assomigliamo più a pecore che a uomini liberi.

Seguiamo il gregge, eternamente spaventati da un cane e da un bastone.

Una maggioranza silenziosa, anestetizzata, che tira a campare sperando che, prima o poi,  qualcosa cambi.

Ma nulla cambia per caso. E se il cambiamento dovesse arrivare, potrebbe non essere in meglio.

Ogni volta che parlo (o che anche solo penso) alla possibilità di essere protagonisti della propria vita, sbaglio: non è una possibilità, è un dovere.

Per chi ha salute e mezzi, vivere consapevolmente è un atto dovuto verso sé stesso e verso colui e colei che gli hanno dato la vita.

Nessuna solidarietà per coloro che vivono di accidia e procrastinazione. Non scegliere è già una scelta. Non incidere sul proprio destino è già una colpa.

E ogni colpa, come tutto, ha un prezzo.

Un giorno arriverà qualcuno, e sarà ben lieto di farlo, che deciderà per loro.

E forse allora, troppo tardi, capiranno quanto vale la libertà.

E quanto costa perderla.